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Toccare il fondo

[…] un uomo che, per anni, ha creduto di aver toccato il fondo di ogni possibile sofferenza, deve ora costatare che la sofferenza è un burrone senza fondo, che – a quanto pare – non esiste un ultimo grado assoluto: uno può scendere ancora più in fondo, sempre più in giù… Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag. 151

Morire senza senso

E raccontai loro di quel compagno che all’inizio del suo internamento nel Lager aveva fato un patto con il Cielo: il suo dolore e la sua morte dovevano risparmiare una morte tanto orribile alla creatura che egli amava. Per quest’uomo, sofferenza e morte non furono senza senso, avevano anzi assunto – come sacrificio – un profondissimo significato. Egli non voleva soffrire e morire senza senso; nessuno di noi lo voleva… senza senso! Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag. 139

Chi si lascia cadere

L’osservazione psicologica sugli internati ha rivelato che diventa schiavo degli influssi del mondo del Lager, nello sviluppo del suo carattere, solo l’individuo che s’è già lasciato cadere prima spiritualmente e umanamente; ma si lasciava cadere solo chi non aveva più un sostegno interiore. Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag. 120

Come vivi la sofferenza

Dal modo in cui un uomo accetta il suo ineluttabile destino e con questo destino tutta la sofferenza che gli viene inflitta, dal modo in cui un uomo prende su di sé la sofferenza come la “sua croce”, sorgono infinite possibilità di attribuire un significato alla vita, anche nei momenti più difficili, fino all’ultimo atto di esistenza. Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag. 117

La vita ha sempre un significato

Hanno dimostrato che, soffrendo rettamente, si può realizzare qualcosa: una conquista interiore. La libertà spirituale dell’uomo, quel che nessuno può sottrargli finché non esala l’ultimo respiro, fa sì che egli trovi, fino al suo ultimo respiro, il modo di plasmare concretamente la propria vita. Poiché non ha senso solo la vita attiva, nella quale l’uomo ha la possibilità di realizzare dei valori in modo creativo; e non ha un senso solo la vita ricettiva, cioè una vita che permette all’uomo di realizzarsi sperimentando la bellezza nel contatto con arte e natura; la vita conserva il suo senso anche quando si svolge in un campo di concentramento, quando non offre quasi più nessuna prospettiva di realizzare dei valori, creandoli o godendoli, ma lascia solamente un ultima possibilità di comportamento moralmente valido, proprio nel modo in cui l’uomo si atteggia di fronte alla limitazione del suo essere, imposta con violenza dall’esterno. […] se la vita ha un significa in sé, allora deve avere un significato anche la sofferenza. Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag. 116

Possiamo sempre decidere

[…] ogni uomo, anche se condizionato da gravissime circostanze esterne, può in qualche modo decidere che sarà di lui – spiritualmente  nel Lager: un internato tipico – o un uomo, che resta uomo anche qui e conserva intatta la dignità d’uomo. Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag.109

L’ultima libertà umana

[…] all’uomo del lager si può prendere tutto, eccetto una cosa sola: l’ultima libertà umana di affrontare spiritualmente, in un modo o nell’altro, la situazione imposta. Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag.114-115

Libertà interiore

Potremmo riferire molti esempi, spesso eroici, che hanno provato come, in certi casi, si possa soffocare quell’apatia e quella irritabilità; come dunque sopravvive un resto di libertà spirituale, di libero atteggiamento dell’io verso il mondo, anche in quello stato, solo in apparenza di assoluta coazione, tanto esterna quanto interiore. Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag. 114

Essere incrollabili

È chiaro che non si può far crollare un’auto-consapevolezza ancorata nei settori più essenziali e più elevati della sfera spirituale; ma quanti uomini, e quanti prigionieri poi, possiedono un’auto-consapevolezza così salda? Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag.109