Hanno dimostrato che, soffrendo rettamente, si può realizzare qualcosa: una conquista interiore. La libertà spirituale dell’uomo, quel che nessuno può sottrargli finché non esala l’ultimo respiro, fa sì che egli trovi, fino al suo ultimo respiro, il modo di plasmare concretamente la propria vita. Poiché non ha senso solo la vita attiva, nella quale l’uomo ha la possibilità di realizzare dei valori in modo creativo; e non ha un senso solo la vita ricettiva, cioè una vita che permette all’uomo di realizzarsi sperimentando la bellezza nel contatto con arte e natura; la vita conserva il suo senso anche quando si svolge in un campo di concentramento, quando non offre quasi più nessuna prospettiva di realizzare dei valori, creandoli o godendoli, ma lascia solamente un ultima possibilità di comportamento moralmente valido, proprio nel modo in cui l’uomo si atteggia di fronte alla limitazione del suo essere, imposta con violenza dall’esterno. […] se la vita ha un significa in sé, allora deve avere un significato anche la sofferenza. Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager – Edizioni Ares – Pag. 116